Manifestazione per cultura, istruzione e salute

martedì 23 febbraio ore 18
Piazza Vittoria

Il 23 febbraio del 2020, con il primo DPCM anti-Covid19, chiudevano gli spazi concerti, le sale teatrali e cinematografiche, così come le scuole e le università. Cultura, spettacolo e formazione venivano definiti spazi non essenziali. Nel frattempo, negli ospedali, iniziava a vedersi la drammatica situazione sanitaria esacerbata dalla pandemia.
Mentre la velocità di propagazione del virus obbligava a misure drastiche come la serrata generale delle città, abbiamo visto da più parti un esercizio di pressione nei confronti del Governo per ottenere deroghe e lasciapassare. Il lockdown era e resta una misura limite, utile a salvare vite spezzando la catena di propagazione del virus e a prendere tempo per organizzare l’intervento sanitario, trovare forme di tutela della salute e stilare protocolli di sicurezza per non cancellare la vita sociale. In primavera il lockdown è stato necessario ma, forse per le troppe deroghe, non risolutivo. A quasi un anno da quel 23 Febbraio, vediamo che solo in parte ciò che medici ed esperti hanno segnalato come necessario per limitare il virus è stato fatto: forse il possibile, forse troppo poco. La politica ha probabilmente scommesso più su una celere soluzione legata al vaccino che non su un’applicazione rigorosa delle disposizioni. A Novembre, a gran voce, il mondo scientifico chiedeva un nuovo lockdown: al suo posto, sulla scorta delle precedenti pressioni, sono state disposte le zone “colorate”. Senza riuscire, purtroppo, a fermare, ma riuscendo solo in parte a rallentare, la catena di trasmissione del virus.
Abbiamo bisogno urgente di “visioni” sul futuro e di azioni concrete, che affrontino le problematiche socio-economiche che il virus ha messo in evidenza e che, al contempo, provino a superarle. Ad oggi, noi non vediamo una risposta soddisfacente a tali problematiche. Sono molte le domande che sorgono in merito a quelle che sono state definite da molti disfunzioni, errori, ritardi, incomprensioni. Sappiamo che la scelta è sempre arbitraria ma questo non giustifica ogni scelta a prescindere. Dopo quasi un anno da quel 23 Febbraio, oggi, la precarietà e l’impossibilità di programmare le nostre vite sono diventate una drammatica certezza che esonda i limiti del mondo del lavoro e invade la vita di studenti, studentesse, pensionate e pensionati, cittadine e cittadini. Questa pandemia sta anche incidendo sulla comunicazione linguistica facendoci accettare l’utilizzo di parole non adeguate a descrivere la realtà che stiamo vivendo: “coprifuoco”, “medici in guerra”, “battaglia contro il virus”, “controllo reciproco”, “delazione”. Tali termini oltre a terrorizzare le nostre vite falsando la percezione della realtà, ne limitano fortemente la libertà.
Per non parlare della crisi socio-economica che solo una pioggia di miliardi, gettati in maniera spesso caotica, sta rallentando ma non risolvendo. Quando lo stop agli sfratti e ai licenziamenti sarà rimosso, la tragedia sociale già in corso, temiamo, diventerà ancora più ampia.
A un anno dall’inizio della pandemia, chiediamo con forza:
• che la salute, in tutte le sue forme, diventi un patrimonio di tutti, ovvero si operi perché tale idea divenga un sentire comune e non una affermazione generica o di parte;
• che ci sia chiarezza, di medio/lungo periodo su aperture e chiusure (per non dover vivere alla giornata, appesi ai dati di contagio della singola settimana) e forme di ristoro che garantiscano la sopravvivenza, degna, dei singoli e delle realtà lavorative;
• che si consideri formazione e cultura come elementi essenziali della società, ai quali non si può sopperire con DaD, streaming e spettacoli tv;
• che non si torni alla “normalità” pre-Covid19, che era il problema: vogliamo un cambio di sistema, che combatta le disuguaglianze; non una mera restaurazione della situazione pre-pandemica.;
• che la crisi socio-economica sia affrontata considerando prioritarie le necessità dei soggetti più deboli, sconfiggendo le diseguaglianze socio-economiche e non accrescendole.
Per queste ragioni il 23 Febbraio 2021 vogliamo tornare in piazza. Tocca a noi, in quanto lavoratrici e lavoratori di diversi settori variamente colpiti, ma anche in quanto cittadine e cittadini, difendere quella idea di società che, giorno dopo giorno, mese dopo mese, la falsa idea del fatalismo a tutti i costi, idea che nasconde un egoismo subdolo, e per questo doppiamente odioso, sta sottraendo alla collettività.

partecipano:

Brescia Unita Lavoratrici e Lavoratori dello Spettacolo
Unione degli Studenti Brescia
Kollettivo Studenti in Lotta
Siamo Tutti Ippocrate
Cobas Scuola
SLC – CGIL Brescia
Non Sta Andando Tutto Bene
ARCI Brescia
Treatro – Terre di Confine
Circolo ARCI L’Alberodonte
Presidio Cultura Partecipata
Centro Culturale Teatro Camuno
Sinistra AntiCapitalista
Teatro19
Quandanche Teatro
Ottava APS
Teatro Diversivo
Spazio H-Vox
Piccolo Teatro Libero
Lelastiko – Compagnia di danza
Belcan Teatro